Il borgo disabitato di Tandalò è situato sul crinale di una collina sfiorata dal fiume omonimo ed è composto di 19 case esi trova a 18 chilometri dal centro abitato di Buddusò, in direzione nord-ovest. Probabilmente è sorto nella prima metà dell’Ottocento quando i carbonai toscani iniziarono a diradare i boschi di Tandalò per produrre carbone. Si servirono così di manodopera locale, che per l’occasione si insediò in questa località. Questi territori erano abitati molto prima della nascita di Tandalò: a circa due chilometri dal villaggio esisteva un insediamento, di cui ancora oggi sono presenti i resti delle case, chiamato Su Letione o Tettione. Gli anziani di Tandalò narravano che il villaggio era stato abbandonato a causa di una faida nata tra due gruppi di abitanti.
Negli anni venti e trenta del secolo scorso risiedevano nel borgo circa 130 persone, per lo più dedite all’allevamento del bestiame e alla produzione del carbone. Alla fine degli anni cinquanta del Novecento diverse famiglie iniziarono a trasferirsi a Buddusò e quindi ad abbandonare Tandalò, che rimase completamente disabitato negli anni settanta.
Il patrono del borgo è San Giuseppe e viene celebrato ogni anni l'ultima domenica di maggio: il villaggio prende di nuovo vita e a tutti i pellegrini viene offerto il pranzo a base di minestra, lesso, pane e formaggio.
Alla strada sterrata che conduce al villaggio si accede dalla provinciale che da Buddusò porta ad Ozieri, in località “Oltulò”, dove verranno apposti dei pannelli informativi di direzione.
Dopo un percorso naturalistico che attraversa “Sa Conchedda”, località protetta dell’Ente Foreste e zona ricca di diverse specie arboree, si intravedono su un altura le prime case diroccate di Tandalò, affacciate ad un torrente che una volta fungeva da risorsa primaria di abbeveramento per il popolo che qui ha stanziato sino agli anni Settanta dello scorso secolo.
Una curva a sinistra apre invece la visuale alla piazza, con le due storiche querce secolari, e al villaggio di pietra abbarbicato sul versante di una collina. La chiesa di San Giuseppe, Santo per il quale si compie annualmente un pellegrinaggio a piedi e che potrebbe essere proposta di turismo religioso per un’ulteriore fetta di mercato, è il fulcro del villaggio.
Le case, costruite di pietra grezza e con i vecchi tetti di legno e cotto, sono state restaurate per la maggior parte dai proprietari, che ne fanno sede di vacanza alternativa nei tranquilli weekend primaverili.
Suggestivo l’isolamento della valle e la presenza quasi assoluta di elementi naturali, che non vengono minimamente disturbati dalla presenza delle piccole abitazioni di Tandalò, dalla scuola e dalla Chiesa, sovrastate da un masso granitico su cui è stata innalzata una croce che domina tutta la valle.
Il villaggio viveva di allevamento e della produzione ed esportazione del carbone, attività economica che ha lasciato i suoi segni fra le case e i cortili di questo villaggio incantato.
Il percorso
Seguendo la strada che i pellegrini percorrono in occasione della festa di San Giuseppe di Tandalò, l’idea è quella di proporre un lungo tragitto di 18 chilometri, diviso in tappe, in cui tramite trekking, bike o cavalli, è possibile attraversare la porzione di natura immacolata che circonda il territorio di Buddusò. Grazie alla presenza di punti di ristoro e di aree picnic è possibile prevedere delle soste per godere delle diverse ore della giornata e dei diversi effetti di luce che il sole crea nel gioco delle alture presenti nella zona. Una volta giunti a Tandalò, la Cooperativa Liber intende organizzare delle visite guidate all’interno delle abitazioni, attraverso la collaborazione delle famiglie che ancora posseggono le case e che possono riportare la storia dei loro predecessori che hanno abitato in quel luogo sperduto ma pacifico. Inoltre, attraverso il materiale informativo e le immagini, è possibile ripercorrere anche la storia dei carbonai, delle loro tecniche di produzione e del commercio verso i paesi limitrofi.